Stop ai certificati medici per telefono
La Cassazione
ROMA. Non basta parlare al telefono col paziente, visitato
qualche giorno prima, e farsi riferire i sintomi per
prorogare il certificato di malattia. Il medico di
base deve visitare comunque il suo assistito. E' quanto ha
stabilito la Corte di Cassazione, che con la sentenza 18.687 ha
condannato un medico di famiglia di Milano, con l'accusa di aver
compilato un falso certificato medico con cui prorogava la
prognosi di decorso di una malattia di una sua paziente.
Il medico non aveva visitato la paziente ma si era
limitato a scrivere il certificato sulla base dei sintomi di
persistenza del male riferitigli per telefono dalla donna. Senza
successo, in Cassazione, il medico ha fatto presente di aver
visitato la donna solo quattro giorni prima di prorogarle lo
stato di malattia e che, pertanto, gli era sembrato credibile
il protrarsi dei sintomi della patologia.
Secondo i Supremi giudici "non è consentito al sanitario
effettuare valutazioni o prescrizioni semplicemente sulla base
di dichiarazioni effettuate per telefono dai suoi assistiti.
Ciò rende irrilevanti le considerazioni sulla effettiva
sussistenza della malattia o sulla induzione in errore da parte
della paziente". Insieme al medico è stata condannata anche la
sua assistita, colpevole di aver fatto uso della falsa
certificazione per giustificare la sua assenza dal lavoro.
L'entità delle condanne non è riportata dalla sentenza. Comunque
è confermato il verdetto della Corte d'Appello di Milano
del 14 febbraio dell'anno scorso. In primo grado i due imputati
erano stati assolti.
Secondo il principale sindacato dei medici di base, la
Fimmg (Federazione italiana medici medicina generale), la
decisione degli ermellini non è condivisibile, almeno nel caso
specifico. "Non sempre una patologia può essere diagnosticata
dal medico con una visita sul paziente - spiega Giacomo Milillo,
segretario della Fimmg - Ce ne sono alcune, come il mal di
testa, in cui la visita è inutile, e il medico deve valutare
l'andamento della sintomatologia sulla base di ciò che gli
riferisce il paziente". Dipende quindi dalla patologia. "Se si
trattasse ad esempio di una lombosciatalgia, il medico che non
visita dopo 4 giorni il paziente visto qualche giorno prima, e
gli proroga il certificato di malattia sulla base di sintomi
solo riferiti, sbaglia. Ma in altri casi, come la cefalea,
alcune sindromi vertiginose o un'astenia profonda, la diagnosi
può essere formulata solo su base anamnestica, cioé parlando
con il paziente. E questo vale sia al primo accertamento, che
anche alla conferma e proroga della malattia". L'importante è
che il medico "constati direttamente, in qualche modo - conclude
Milillo - i sintomi del paziente, o vedendolo o sentendolo per
telefono, se sa che è a casa dal lavoro, perché lo chiama a
casa. Certo, non si può basare su una diagnosi riferita da un
familiare del paziente. In questo caso certificherebbe il
falso".