Ricerca sul cancro. Un nuovo studio italiano
I ricercatori sono riusciti a dimostrare che il gene hMENA è presente nel corso della trasformazione da cellula normale a cellula tumorale
Una nuova ricerca di un team italiano è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista PNAS. Lo studio, coordinato da Paola Nisticò del Laboratorio di Immunologia dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, individua la sequenza di una forma proteica finora mai descritta: il gene hMENA che viene prodotto soltanto quando le cellule di carcinoma della mammella diventano invasive.
I ricercatori hanno evidenziato come le cellule di carcinoma della mammella che esprimono questa forma abbiano la capacità di staccarsi dalla massa del tumore primitivo, invadendo il citoscheletro della cellula, l'insieme dei filamenti proteici che costituiscono l’impalcatura della cellula e che svolgono il delicato compito di controllarene forma e funzione. Queste cellule, dalla forma allungata, sono quelle più aggressive e più capaci di invadere l’ambiente circostante, possono staccarsi dal tumore primitivo per formare metastasi, le cellule più difficili da aggredire da un punto di vista terapeutico.
''Riuscire ad identificare, in fasi iniziali della malattia o in lesioni benigne ad alto rischio di trasformazione, la presenza di cellule invasive può essere determinante nella scelta terapeutica giusta – ha dichiarato Paola Nisticò – e può portare a terapie più mirate in grado di evitare lo sviluppo della malattia metastatica''.
Lo studio è stato effettuato in collaborazione con l’Università di Roma ‘Sapienza’ e con il gruppo di ricerca coordinato da Mina J. Bissell, Distinguished Scientist del Lawrence Berkeley National Laboratory. Nel Laboratorio a Berkeley è stato messo a punto un modello unico di cellule mammarie umane che ricapitola le varie fasi della trasformazione da cellula normale a cellula tumorale invasiva, cresciute in tre dimensioni (3D), in una matrice extracellulare che mima il microambiente in cui il tumore si sviluppa.
''Mina Bissell ci ha insegnato a pensare in 3D – continua Paola Nisticò –, a creare modelli in cui le cellule continuino a comunicare non solo tra di loro, ma anche con la matrice che di solito le circonda nel tessuto in cui il tumore prende origine''.
Grazie anche agli esperimenti condotti in questo modello, i ricercatori sono riusciti a dimostrare che il gene hMENA, che non è espresso nelle cellule normali, è presente nel corso della trasformazione da cellula normale a cellula tumorale e produce diverse forme proteiche durante la progressione del carcinoma della mammella, utilizzando un meccanismo biologico chiamato splicing alternativo. Lo splicing alternativo è un meccanismo altamente complesso che consente di produrre molteplici varianti di una stessa proteina, con funzioni anche opposte, a partire dallo stesso gene.
''Il ruolo di questo processo nella formazione e progressione dei tumori – spiega Francesca Di Modugno, primo nome del lavoro di PNAS – è stato sottovalutato negli ultimi anni perché le tecnologie utilizzate per studiare le alterazioni di espressione genica dei tumori non consideravano questo ulteriore livello di complessità''. Paola Nisticò considera l'esito di questa ricerca ancora propedeutico. ''Stiamo ora cercando - spiega la coordinatrice del team - di comprendere i diversi segnali che partono dal microambiente tumorale e influenzano il programma di splicing del gene hMENA per poter avere nuovi target terapeutici che inibiscano le capacità invasive di cellule tumorali''.
Nel lavoro pubblicato su PNAS, i ricercatori hanno anche dimostrato come, intervenendo su un’altra proteina che regola il processo di splicing, sia possibile riprogrammare il gene di hMENA a produrre un forma proteica che ha un ruolo anti invasivo e che gli stessi ricercatori avevano descritto precedentemente.
Lo studio potrà avere importanti implicazioni in clinica, infatti, grazie alla stretta sinergia con l’Anatomia Patologica dell’IRE, i risultati sperimentali ottenuti dal gruppo sono stati confermati su tessuti di pazienti con carcinoma della mammella. Lo studio è stato supportato da AIRC.