Mobbing, quando le azioni del datore di lavoro si possono definire una 'congiura' contro il dipendente
Al fine di accreditare un'ipotesi di mobbing non è sufficiente che l'interessato sia stato oggetto di trasferimenti di sede, di mutamenti delle mansioni assegnate, di richiami, sanzioni disciplinari od altro fatto soggettivamente avvertito come ingiusto e dannoso, ma occorre che tali vicende, oltre che essersi ripetute per un apprezzabile lasso di tempo, siano anche legate da un preciso intento del datore di lavoro diretto a vessare e perseguitare il dipendente con lo scopo di demolirne la personalità e la professionalità , il che deve essere poi dimostrato in giudizio secondo l'ordinaria regola dell'onere della prova che governa la richiesta di accertamento dei diritti soggettivi, non essendo sufficiente la mera, soggettiva percezione da parte dell'interessato, che abbia su tale scorta maturato un proprio radicato convincimento personale quanto alla "congiura" ordita dal datore di
lavoro ai suoi danni.
Concludendo è necessario:
a) la pluralità dei comportamenti e delle azioni a carattere persecutorio (illecite o anche lecite, se isolatamente considerate), sistematicamente e durevolmente dirette contro il dipendente;
b) l'evento dannoso;
c) il nesso di causalità tra la condotta e il danno;
d) la prova dell'elemento soggettivo.
TAR Campania-Napoli, sez. VI, sentenza 29.6.2009 n. 3585 - Rocchina Staiano Altalex LaPrevidenza