"Truffa al Ssn", arresti domiciliari per 4 ginecologi
In Puglia
BARI. Quattro ginecologi pugliesi che si occupano di procreazione
assistita sono agli arresti domiciliari con l'accusa di truffa
al Servizio sanitario nazionale. L'indagine è nata dai sospetti
di un dirigente dell'Asl della provincia di Barletta, Andria e
Trani. I quattro medici sono Franco Causio, 58 anni, residente a Bari,
ricercatore della I Clinica Universitaria di Ginecologia del
Policlinico di Bari e amministratore unico e consulente
scientifico del Centro di procreazione assistita San Luca con
sedi a Bari e Lecce; Simona Geusa, 42 anni, residente a
Noicattaro, dipendente del San Luca; il marito, Edoardo
Di Naro, 49 anni, ricercatore della II Clinica Universitaria di
Ginecologia del Policlinico; Teresa Leonetti, 46 anni, residente
ad Andria, amministratore unico del Centro di procreazione
assistita Pro.Andros di Barletta. Altri tre ginecologi pugliesi
e due loro pazienti risultano indagati.
I quattro ginecologi arrestati avrebbero infatti diagnosticato
false patologie per consentire alle loro pazienti di utilizzare
a spese del servizio sanitario nazionale farmaci che in realtà
venivano usati per curare l'infertilità e che, per questo uso,
si sarebbero dovuti pagare. In taluni casi, secondo gli investigatori,
il prezzo dei farmaci veniva comunque richiesto alle pazienti.
Nell'ambito dell'operazione odierna, perquisizioni sono state
state compiute anche nel Centro diagnostico Amalthea di Lecce.
L'inchiesta - secondo quanto rende noto la Procura di Bari -
nasce da una segnalazione di un dirigente della Asl Bat che ha
rilevato e denunciato anomalie riguardanti la prescrizione di un
farmaco (Decapeptyl) a pazienti alle quali veniva diagnosticata
una grave malattia (tumore alla mammella, endometriosi, fibromi
uterini). Per queste gravi diagnosi il medicinale è a totale
carico del Servizio Sanitario nazionale.
Poi, però, alle stesse pazienti dopo tre settimane, veniva
prescritto un altro farmaco, il Gonal F, che invece, serve nella
seconda fase della fecondazione assistita. Di qui i sospetti
denunciati dal dirigente sanitario della Asl della Bat: donne
affette da gravi malattie, a suo parere, non avrebbero potuto
assumere il secondo farmaco a meno che il primo non fosse stato
utilizzato per un altro scopo: la prima fase della fecondazione
assistita.
Secondo gli investigatori, dunque, le diagnosi di gravi
malattie servivano a porre a carico del Servizio sanitario i
farmaci che invece servivano solo per la fecondazione assistita.
Questo sistema - ritengono gli inquirenti - permetteva agli
arrestati non solo di essere concorrenziali rispetto ad altri
Centri di procreazione assistita, perché il costo dei farmaci
era sostenuto dalla Sanità pubblica, ma anche di truffare sul
costo dei medicinali che in alcune occasioni veniva addebitato
in fattura alla paziente che ci si sottoponeva.
Da primi accertamenti risulta che il danno prodotto al
Servizio sanitario nazionale si aggirerebbe sui 200.000 euro per
una sessantina di casi.