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Secondo un sondaggio: in oncologia i medici di famiglia chiedono più formazione e aprono alle cure integrate
Denunciano un enorme gap formativo (il 54% dei medici intervistati), disertano i corsi Ecm (il 62%), lamentano una drammatica scarsità di informazioni (adeguate solo per il 10%) sui nuovi farmaci anti-cancro e una ancora limitata integrazione (per il 67%) tra ospedale e territorio. Sono disponibili a fare squadra con gli specialisti, quando dichiarano la potenziale utilità (per il 90%) di sezioni dedicate nei siti delle istituzioni specialistiche di riferimento e di point care diagnostici multifunzione (75%) al domicilio del paziente critico. Nel complesso, rivelano possibili margini di miglioramento nelle loro doti comunicative e solo la metà (il 54%, per la precisione), dichiara di aver modificato il proprio approccio assistenziale in seguito al cronicizzarsi dell'oncologia.
Sono i medici di medicina generale alle prese con il pianeta oncologia, fotografati dalla survey online realizzata in collaborazione da CompuGroup Medical Cgm Health Monitor Italia e Il Sole-24Ore Sanità, condotta in modalità Cawi (Computer Assisted Web Interviewing). L'indagine - pubblicata integralmente su Il Sole-24Ore Sanità n. 2/2014 - ha raccolto il contributo di 1.104 medici delle cure primarie che hanno espresso la loro opinione rispondendo a 13 differenti domande (VEDI ARTICOLO CORRELATO) volte a chiarire il rapporto di questi professionisti con le strutture ospedaliere che hanno in carico il paziente oncologico.
Un tema quanto mai attuale, dal momento che lo stesso Piano oncologico prevede la definizione del "percorso del malato oncologico nel Ssn", definendo quelle che devono essere le integrazioni tra le varie figure professionali coinvolte, assegnando al Mmg un ruolo di primo piano. A un anno fa la stessa Aiom, Associazione degli oncologi italiani, lanciava l'appello per creare un modello di condivisione del follow-up del paziente, basato anche sulla collaborazione con i medici di famiglia.
Formazione e comunicazione sono le due parole chiave che emergono dall'indagine: a sottolinearlo sono gli stessi medici, in percentuali diverse per area geografica. Oggi però la realtà dell'Italia che cura l'"emergenza cronica" cancro è ben diversa, se appena il 38% degli Mmg ha frequentato un corso Ecm sull'oncologia negli ultimi 12 mesi. Un dato che per altro la dice lunga sull'efficacia e sulla fiducia riposta nell'Educazione continua in medicina, almeno sul fronte oncologia. La fiducia nelle proprie capacità professionali però non manca, dal momento che in caso di sospetto diagnostico la stragrande maggioranza dei Mmg si reputa in grado di comunicare efficacemente con il suo assistito e di saperlo indirizzare verso il più corretto percorso diagnostico-terapeutico.
(Fonte il Sole 24 Ore Sanità)
L’ufficio per la Comunicazione OMCeO-Pa
Filippo Siragusa