I compensi percepiti dai pensionati per l'attività di vaccinatori, non risultino alternativi al percepimento degli emolumenti previdenziali
VACCINAZIONI
A fronte dell'impegno e dello spirito di servizio da essi manifestato, a causa di una norma introdotta in sede di conversione in legge del decreto-legge 14 gennaio 2021, n. 2, all'articolo 3-bis, è stato disposto che in relazione allo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 le aziende sanitarie e socio-sanitarie possano conferire incarichi retribuiti al personale sanitario collocato in quiescenza, fino al 31 dicembre 2022, per l'attività di vaccinatori nell'ambito della campagna di somministrazione dei vaccini anti Sars-CoV-2, stabilendo però l'impossibilità del cumulo tra reddito da lavoro autonomo e trattamento pensionistico.
La suddetta disposizione rischia di provocare pesanti contraccolpi sul sistema sanitario, dal momento che la sospensione dell'erogazione del trattamento previdenziale per le mensilità per cui l'incarico sarà retribuito potrebbe costituire un forte deterrente per i professionisti sanitari in pensione; infatti, sebbene disposti ad offrire il proprio contributo alla campagna vaccinale, potrebbero rinunciarvi proprio per evitare di vedersi decurtata la pensione.
Per questo motivo, la camera nella seduta del 22 aprile 2021 impegna il Governo a valutare l'opportunità di assumere idonee iniziative normative volte a tutelare le figure dei medici e degli infermieri in pensione che hanno offerto la propria disponibilità per il sostegno alla campagna vaccinale anti Sars-CoV-2, al fine di garantire che i compensi da essi percepiti per l'attività di vaccinatori non risultino alternativi al percepimento degli emolumenti previdenziali per il periodo relativo alla durata degli incarichi.