Una perizia stabilirà se la "positività" è malattia
Infermiera con la Tbc
ROMA. Diversità di opinioni a livello scientifico e dottrinale
e, come se non bastasse, anche un vuoto di
giurisprudenza. La procura di Roma tenta ora di colmare la
lacuna e di creare un precedente in materia. Il tema è se la
positività alla tubercolosi equivalga ad una malattia.
A tale quesito saranno chiamati, con una superperizia, a
rispondere gli esperti nominati dal gip nell'ambito di un
incidente probatorio chiesto dai pm titolari dell'inchiesta sul
caso giudiziario nato dalla scoperta dell'infermiera del
policlinico Gemelli in servizio nel reparto di neonatologia
affetta da Tbc. Vicenda che ha determinato la positività al
batterio di 188 bimbi nati tra marzo e luglio dello scorso anno
e di 56 tra medici e paramedici.
La superperizia, chiesta dal procuratore aggiunto Leonardo
Frisani e dal sostituto Alberto Pioletti, arriva praticamente a
conclusione dell'inchiesta giudiziaria, ma il nodo da sciogliere
é essenziale, per gli inquirenti, per continuare, o meno, a
contestare agli indagati, oltre alle lesioni colpose, anche il
reato di epidemia colposa.
L'orientamento dei magistrati è che la positività alla
tubercolosi deve essere considerata una malattia a tutti gli
effetti. Una considerazione che deriva dagli effetti collaterali
dovuti alla terapia cui sono sottoposti i soggetti risultati
positivi e dai rischi ad esposizione in caso di mancata
profilassi. Alcuni dei 188 bimbi nati al Gemelli ai quali è
stata riscontrata la positività alla tbc hanno già manifestato
alcuni sintomi sospetti come il vomito e la diarrea. I
consulenti della procura e degli indagati propendono invece per
l'insussistenza della malattia. E secondo il direttore del
dipartimento di malattie infettive dell'Istituto Superiore di
Sanità, Gianni Rezza, la positività alla Tbc "non significa
malattia in atto, ma rischio potenziale di sviluppare la
malattia".
Una vicenda giudiziaria, quella al vaglio di Frisani e di
Pioletti, che ha preso le mosse nell'agosto dello scorso anno
quando un'infermiera del reparto di neonatologia risultò
affetta dal batterio. Un sistema "fallace", segnato da gravi
inefficienze nei controlli delle visite obbligatorie del
personale, è già stato accertato dagli inquirenti.
Oltre ai neonati risultarono positivi ai test anche medici e
paramedici non solo di neonatologia, ma anche di altri reparti
dell'ospedale. Nove gli indagati: si tratta di personale medico
e amministrativo del nosocomio nonché il medico di base
dell'infermiera affetta da tbc. (ANSA)