
AMATO AL MEETING CL: “SENZA SVILUPPO SOCIALE NON PUO’ ESSERCI UN SSN UNIVERSALE”
Servono scelte politiche sociali ed economiche forti e coraggiose per migliorare lo stato di salute dei cittadini e dei popoli. La salute e? un diritto, ma raggiungere il più alto livello possibile di benessere e vincere la sfida delle disuguaglianze sono obiettivi che richiedono la ricostruzione dei cosiddetti determinanti di salute. L’assistenza sanitaria primaria universale e sostenibile è la chiave come parte dello sviluppo sociale, eppure si investe in salute meno del 7% del pil, e ogni anno sempre meno rispetto agli altri Paesi. Continuare a tagliare le risorse alla sanità è una violenza, in Italia come in tutto il pianeta. La pandemia è stata uno tsunami
che ha sconvolto tutti gli asset dell’Ssn. Il cambiamento climatico porterà alla propagazione virulenta di altre pandemie. Oggi, non basta ripristinare ciò che il Covid ha distrutto, ma realizzare subito un ‘asset B’ in grado di gestire condizioni di emergenza”. Lo ha detto il presidente dell’ordine dei medici di Palermo e consigliere della Fnomceo Toti Amato, intervenendo al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini in rappresentanza del Cfpass della Regione siciliana.
“Fattori sociali, condizioni di vita e di lavoro, accesso ai servizi sanitari, condizioni economiche, culturali e ambientali, oltre ai fattori genetici e stili di vita – ha spiegato il presidente - sono i determinanti sociali di salute in grado di influenzare la comparsa o l’evoluzione di una malattia. Se non si interviene a ridurre i fattori di rischio le disuguaglianze di salute continueranno ad essere inevitabili e le vedremo crescere a dismisura. La posizione sociale sfavorevole di ogni persona e? la ‘causa delle cause’ di cattivi esiti di salute, che sta a monte dei fattori di rischio modificabili”.
Già nel 2008 l’epidemiologo Michael Marmot, presidente della Commissione sui determinanti sociali della Salute per l’Oms avvertì che non era possibile formulare raccomandazioni indirizzate al solo servizio sanitario “perché la lotta alle disuguaglianze di cura – ha proseguito il presidente dei medici - è di pertinenza soprattutto economica e politica”. Nel suo report, il clinico aveva definito i sei obiettivi di politica sanitaria per raggiungere l’equità: sviluppo della prima infanzia, istruzione, occupazione e condizioni di lavoro, disponibilità di denaro sufficiente per vivere, luoghi sani in cui vivere e lavorare, e un approccio alla prevenzione basato sui determinanti sociali”.
“L’assistenza sanitaria primaria (Primary Health Care) oggi è in crisi, poco sviluppata in molti Paesi, sottofinanziata in altri, e metà della popolazione mondiale non ha accesso alla gran parte dei servizi sanitari essenziali. Un obiettivo di salute mancato – secondo il consigliere della Federazione nazionale - perché non si è agito efficacemente sui determinanti sociali, dal reddito e l’abitazione, all’istruzione l’ambiente, le infrastrutture e il genere”. Lo dimostrano molte evidenze, ha sottolineato ancora: “Basta osservare lo stato di salute dei migranti che arrivano da Paesi in via di sviluppo. Potrebbero essere piu? sani rispetto alla popolazione generale dei Paesi ospitanti. Via via che acquisiscono il nuovo stile di vita, il loro vantaggio di salute si riduce con lo stato di deprivazione del contesto abitativo. E lo stesso accade ai poveri nelle città, che tendono ad avere maggiore incidenza di malattie croniche degenerative. Vivono in ambienti molto popolati, dove la diffusione delle malattie e i disastri ambientali sono piu? probabili, non hanno un lavoro stabile e protetto, subiscono una maggior disgregazione sociale, emarginazione e solitudine. Tutte disparita? sociali che si traducono in disuguaglianze di salute, che sono evidenti anche in Italia, meno colpita di altri Paesi, probabilmente grazie all’effetto positivo che ancora giocano fattori come l’alimentazione e la presenza di un sistema sanitario universalistico”.