
AL POLICLINICO DI PALERMO LA PRIMA SOMMINISTRAZIONE IN ITALIA DEL TEPLIZUMAB CONTRO IL DIABETE 1
Intervista al professor Giorgio Arnaldi
Al Policlinico universitario Paolo Giaccone di Palermo è stato somministrato, per la prima volta in Italia e tra i primi casi in Europa, il Teplizumab, anticorpo monoclonale che ritarda l’esordio conclamato del diabete mellito di tipo 1. Un risultato che colloca il Policlinico tra i centri più avanzati a livello europeo, confermando che anche dalla sanità del Sud arrivano segnali significativi di innovazione.
Approvato dalla Food and Drug Administration (Fda) negli Stati Uniti, il farmaco è disponibile in Italia da pochi mesi in regime di uso compassionevole, riservato a pazienti selezionati prima del completamento dell’iter di autorizzazione da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) e dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa).
A riceverlo, una giovane paziente con predisposizione genetica e autoanticorpi, individuata grazie a un accurato percorso di screening.
A guidare il team multidisciplinare è stato il professor Giorgio Arnaldi (marchigiano d’origine, a Palermo dal 2023), direttore dell’unità operativa complessa di Malattie Endocrine, del Ricambio e della Nutrizione e ordinario di Endocrinologia all’Università di Palermo. In questa intervista spiega le prospettive aperte da questa innovazione terapeutica.
In cosa consiste l’azione di Teplizumab e perché rappresenta un cambiamento potenzialmente decisivo nella gestione del diabete di tipo 1?
Teplizumab è un anticorpo monoclonale che agisce modulando l’attività dei linfociti T, responsabili dell’attacco autoimmune alle cellule beta pancreatiche. Il suo utilizzo ci consente di intervenire per la prima volta nella fase preclinica della malattia, quando il danno immunologico è già in corso ma non si sono ancora manifestati i sintomi. Riuscire a posticipare anche solo di qualche anno l’insorgenza del diabete manifesto significa ridurre il carico terapeutico precoce e soprattutto offrire ai pazienti un tempo di vita libera da insulina e di fatto dalla malattia.
La somministrazione del farmaco è avvenuta in regime di uso compassionevole, quali sono stati i passaggi fondamentali che hanno portato all’approvazione del protocollo.
È stato un processo complesso e altamente regolamentato. Abbiamo lavorato in stretta collaborazione con il Policlinico, in particolare con la dg Maria Grazia Furnari e il comitato etico, per ottenere tempestivamente le autorizzazioni necessarie alla somministrazione. Sono serviti documenti clinici approfonditi, protocolli di trattamento dettagliati e una rigorosa valutazione del caso. La tempestività della risposta delle istituzioni ha permesso di procedere in tempi rapidi, cosa non scontata.
Secondo quali criteri è stata selezionata la paziente che ha ricevuto il trattamento?
La paziente presentava una positività ad autoanticorpi specifici associata a disglicemia (prediabete). Questo inquadramento corrisponde allo stadio 2 della malattia, una fase in cui non è ancora necessaria la terapia insulinica, ma il rischio di evoluzione è molto alto. Inoltre, la giovane età e la presenza di una familiarità stretta per diabete di tipo 1 hanno rafforzato l’indicazione all’intervento precoce.
Quanto è importante lo screening precoce per individuare soggetti a rischio?
Lo screening tempestivo è fondamentale per identificare soggetti predisposti prima che la malattia si manifesti. In Italia è in corso di realizzazione un programma strutturato approvato dalla legge 130 del 2023, ma già a livello regionale stiamo cercando di costruire collaborazioni con endocrinologi/diabetologi, pediatri, medici di medicina generale e associazioni di pazienti per attivare percorsi di individuazione anticipata dei pazienti a rischio. È proprio grazie a questo lavoro che il nostro centro, uno dei pochissimi in Europa ad aver già somministrato Teplizumab, ha potuto avviare il trattamento. Siamo già al lavoro per valutare altri casi idonei: l’ampliamento del protocollo dipenderà dalla disponibilità del farmaco, dall’evoluzione normativa e dalla possibilità di costruire un modello replicabile a livello regionale.
Qual è stato il ruolo del team multidisciplinare che ha seguito la paziente?
Il trattamento è stato reso possibile grazie a un lavoro congiunto del nostro centro che da anni è un punto di riferimento regionale nell’ambito del diabete di tipo 1 e delle malattie autoimmuni. Ogni figura, medica, infermieristica, amministrativa ha avuto un ruolo essenziale. Questo modello integrato è oggi imprescindibile per affrontare terapie complesse come questa.
Tra tutte le figure professionali, è doveroso ricordare il ruolo fondamentale della professoressa Valentina Guarnotta nell’intero percorso di identificazione e di trattamento.
In che modo questa esperienza può incidere sulla gestione clinica del diabete in età pediatrica o giovanile nel prossimo futuro?
Il diabete di tipo 1 è una malattia che impatta profondamente non solo sulla vita dei pazienti, spesso bambini e giovani, ma anche delle famiglie. Ritardarne l’insorgenza permette di guadagnare anni senza terapia insulinica, senza monitoraggi costanti e con una qualità di vita nettamente migliore. Credo che il nostro lavoro possa rappresentare un modello per la presa in carico anticipata della malattia, non solo in fase di cura ma anche in fase di prevenzione a cui dovremmo dare sempre più importanza.
Teplizumab segna solo un passo avanti nel trattamento del diabete o può rappresentare l’inizio di un cambio di paradigma nella cura delle malattie autoimmuni, aprendo nuove prospettive anche per la ricerca a Palermo?
Il farmaco è tra i primi esempi di intervento immunologico mirato e il suo utilizzo precoce rappresenta un cambiamento sia clinico che culturale. L’idea di agire prima della manifestazione conclamata si sta estendendo anche ad altre patologie, come la sclerosi multipla e l’artrite reumatoide. Questo approccio apre prospettive importanti per la medicina personalizzata e rafforza la vocazione del nostro centro alla ricerca: a Palermo stiamo costruendo una rete integrata di collaborazioni, con l’ambizione di confermarci come riferimento nazionale per l’endocrinologia e la diabetologia.