In libreria "Lasciatemi morire" di Piergiorgio Welby
Eutanasia come "buona morte"
ROMA. "Ai giorni nostri siamo assediati dalla paura di sopravvivere oltre il limite consentito dalla dignità personale, dal nostro desiderio, dalla capacità di sopportare sofferenze fisiche e mentali": è l'opinione che Piergiorgio Welby, cinquantunenne romano da oltre quarant'anni affetto di distrofia muscolare e che ormai da respira con l'ausilio di un ventilatore polmonare e comunica mediante un computer, affida al libro "Lasciatemi Morire" (Rizzoli), da ieri in libreria.
Centoquarantesette pagine: quattro capitoletti, una lettera aperta al presidente della Repubblica per rivendicare il diritto alla morte da parte di un uomo che ha già chiesto, senza avere risposta, il permesso "di essere sedato per staccare il respiratore". Secondo l'autore questo "vivere oltre i limiti" è il risultato del progresso della scienza medica che "è in grado di tenere in vita chi un tempo sarebbe morto".
"Ma se è la medicina ad aver creato il problema, è doveroso che sia la medicina a preoccuparsi di trovare soluzioni".
Per ora Welby, nel contesto italiano vede nella disobbedienza civile l'unico modo possibile per praticare l'eutanasia e mettere fine a sofferenze insopportabili con una "morte opportuna".
"L'eutanasia - si legge nel volume - è l'estremo e generoso aiuto che il medico può offrire per interrompere un percorso di morte". "Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente 'biologica', io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico". Così Welby si rivolge, dalle pagine del libro, al presidente Napolitano affidandogli la realizzazione di un sogno: "ottenere l'eutanasia".
"Vorrei - scrive - che anche ai cittadini italiani sia data la stessa opportunità che è concessa ai cittadini svizzeri, belgi, olandesi".
Inoltre Welby denuncia: "In Italia, l'eutanasia è reato, ma ciò non vuol dire che non esista: vi sono richieste di eutanasia che non vengono accolte per il timore dei medici di essere sottoposti a giudizio penale e viceversa, possono venir praticati atti eutanasici senza il consenso informato di pazienti coscienti".
Eutanasia, ricorda l'autore, letteralmente è "buona morte", ma per Welby è "solo una parola falsamente tranquillizzante". "Potremmo dire - aggiunge - 'biodignità' o 'ecomorire' o 'finecosciente'".