Dall'adozione della Convenzione delle Nazioni Unite del 1984, la criminalizzazione della tortura si è diffusa progressivamente in tutto il mondo, ma non tutti gli Stati hanno rispettato l'obbligo di introdurre il reato di tortura nei propri ordinamenti: solo 108 dei 173 Paesi aderenti alla Convenzione.

"Il nostro Paese ha previsto il reato solo nel 2017, anno in cui, attraverso il Ministero della Salute, ha emanato le linee guida per l'identificazione e la presa in carico per l'assistenza sanitaria dei rifugiati o dei richiedenti asilo sopravvissuti a tortura. Da allora, le linee guida sono state applicate solo in parte perché non tutte le regioni le hanno recepite, con il risultato che molte delle vittime restano ancora fuori dal sistema pubblico di cure. Una condizione inaccettabile per qualunque medico, che della salute è il garante, per etica e per dovere di legge. Tra le regioni più virtuose c'è sicuramente la Sicilia, in particolare Palermo, grazie alla partnership del team multidisciplinare di Medici Senza Frontiere Italia e il Policlinico Paolo Giaccone". Lo ha detto il presidente dell'ordine dei medici di Palermo Toti Amato, delegato Fnomceo dell'Associazione medica mondiale (World Medical Association) durante l'incontro “Sopravvivere alla tortura”.

Organizzato da Medici Senza Frontiere, in collaborazione con l'Omceo, l'evento si è svolto stamattina a Villa Magnisi con l'obiettivo di mettere a disposizione dei medici di famiglia gli strumenti di identificazione e valutazione sanitaria dei sopravvissuti a tortura.

Per Medici Senza Frontiere Italia, in un sistema di cure così complesso, il successo passa dall'applicazione omogenea in tutto il Paese delle linee guida e dalla realizzazione di team multidisciplinari che devono necessariamente appoggiarsi a servizi specialistici e accessibili "indipendentemente dallo status  amministrativo e legale del paziente perché ai medici interessano le persone".

"Sono persone fragilissime - ha aggiunto Amato - che fuggono il più delle volte da condizioni di violenza estrema, persecuzioni, guerre, portando con sé traumi fisici e psicologici profondi, ma la loro presa in carico resta ancora una sfida del Ssn".

Il sistema sanitario deve prevedere un'assistenza integrata e multidisciplinare capace di rispondere ai loro specifici bisogni e non può limitarsi ai soli trattamenti di base "che sono già presenti su tutto il territorio - come ha sottolineato il segretario provinciale di Fimmg Sicilia Luigi Galvano - grazie alla capillarità dei medici di famiglia, alla loro capacità di ascolto attivo e al loro approccio psicosociale".

Sono diversi i trattati e le convenzioni internazionali che obbligano alla protezione e all'assistenza e che stabiliscono il rispetto dei diritti fondamentali per coloro che hanno subito trattamenti inumani e degradanti. Per la coordinatrice medica di Medici senza Frontiere Italia, Chiara Montaldo,  "le linee guida ministeriali sono state solo un primo passo per riconoscere le loro necessità.  A Palermo, grazie al partenariato con il Policlinico Giaccone, il team multidisciplinare è riuscito ad offrire assistenza medica, psicologica, sociale, e anche legale attraverso la collaborazione con altri enti. E' una realtà virtuosa, eppure non riusciamo a coprire tutti i bisogni, per questo stiamo cercando rafforzare la nostra rete con altri attori".